L'esempio italiano

 


Difficoltà e soluzioni avviate:


Le difficoltà incontrate nelle ultime settimane di progetto si sono mostrate soprattutto sul livello della “strategia di sostenibilità” del progetto (WP 8.1 Definition of the project's: sustainability strategy).

 

Promozione di Kosmocasa fatta al CAAB di Bologna (Mercato per famiglie povere).

 

Infatti nella riunione organizzata con lo staff allargato di Kosmocasa, del 27 febbraio 2013, di cui per completezza riproduciamo sotto la traduzione del verbale e note sintetiche:

 

 

Bologna 27 febbraio 2013,

 

Riunione Kosmocasa: Sostenibilità del Progetto

Presenti: Jora Mato, Federica Lecce, Andrea Cusatelli, Marta Leonessi, Besa Rama

Andrea fa riferimento alle riunioni precedenti sulla messa a punto complessiva del Modello Bolognese, e a quanto detto negli incontri di formazione. Della sostenibilità si è parlato a Novembre 2012 quando si progettava il kindergarden. Ma anche nell'incontro di gennaio, quando abbiamo iniziato a preoccuparci della SCIA. Già allora era chiaro che la fase più delicata sarebbe stata Aprile-Settembre 2013, ovvero arrivare all'inizio del prossimo anno scolastico.

Jora: chiede a Federica la disponibilità finanziaria fino a settembre

Federica: la liquidità non supera i 1000 € e poi per Amiss può essere solo una tantum

Marta: suggerisce di organizzare campi estivi a pagamento per le famiglie con quota gratuita per le famiglie Rom che desiderano aderire.

… lunga discussione sui campi estivi, alla fine decidiamo di affidare ad Andrea e Marta di verificare questa possibilità nelle prossime settimane.
La riunione si conclude con il suggerimento di proporre ad organizzazioni conosciute che organizzano i campi estivi (Energym) e verificare i finanziamenti pubblici su queste attività.
Alla fine Andrea ricorda quanto detto nella lezione sulla “partecipazione dei Genitori” nel incontro per la formazione dei mediatori interculturali: la sostenibilità è anche direttamente collegata alla quantità di partecipazione diretta delle famiglie al funzionamento didattico-educativo del kindergarden.


La riunione si scioglie alle 18.20, con prossimo appuntamento del 20 marzo.


Affidare i propri figli è un gesto di grande fiducia: prima di lasciare i figli i genitori vogliono partecipare.

In breve, la sostenibilità di Kosmocasa, e soprattutto la frequenza delle famiglie di origine Rom, si misurerà sull'abitudinarietà e il passaggio con lento passaparola della fiducia. Chiudere Kosmocasa per 3 mesi significherebbe ricominciare tutto dall'inizio. Forse non per i bambini dell'area locale, ma sicuro per i Rom. Su questo principio parte un lavoro parallelo di Cusatelli, Mato e Leonessi per verificare la strategia messa a punto nella riunione di febbraio. Verificano la possibilità di:


1. di proseguire dal 30 marzo-15 giugno le attività di ludoteca e dei corsi pomeridiani (entrambe attività sostenute dal volontariato)
2. progettare e promuovere dei “campi estivi” per minori sul modello del piloting bolognese Kosmocasa, riuscendo ad attivarli per tutto il periodo estivo
3. Reperire a livello dell'Amministrazione Comunale un finanziamento capace di sostenere le attività per l'anno scolastico 2013-14, a tempo pieno (mattino/pomeriggio) oppure solo parzialmente (pomeriggio).
4. Collegamento agli interventi interculturali per minori attivi nel territorio


Questa difficoltà, la sostenibilità del progetto, al 30 marzo non verrà superata: alla riunione finale dello staff, spostata a dopo il meeting di Valencia, il 28 marzo verifica quanto segue:


1. le attività di ludoteca e dei corsi pomeridiani (entrambe attività sostenute dal volontariato)
2. “campi estivi” per minori: stesura del progetto
3. Amministrazione Comunale ha difficoltà per il finanziamento per via di un Referendum contro il finanziamento alle scuole sussidiarie e private (voto previsto a maggio, solo dopo tale data è possibile avere risposte certe dal Comune)
4. Buon esito con Empac:
5. L'accordo con Ass. Oltre sui laboratori di maschere per la Par'Tot Parata è una risorsa di continuità fino ai campi estivi (vedi accordo con Ass. Oltre)


Considerazioni Conclusive:


Le difficoltà principali del intero progetto si possono riassumere in breve. Il contesto, la città di Bologna, particolarmente inadatto e mal disposto verso il profilo di intervento Roma T&T. Già verifico ad inizio esecutivo del progetto:


1. Dal 2004 i Servizi Comunali hanno posto come priorità politica – anche inasprendo le sanzioni verso le famiglie – per togliere dalla strada i minori Rom inserendoli nelle scuole. Questo anche per la fascia della scuola materna, che non è obbligatoria, portando effettivamente ad una riduzione (forse non più del 10%) di bambini 3-7 anni Rom che non ricevono servizi prescolastici malgrado la “disponibilità” delle famiglie.
2. Questa quota di unici beneficiari del Roma T&T sono distribuiti in maniera sparsa e sparpagliata nella città.
3. Il sistema Educativo bolognese (e italiano in genere) non tollera scuole settarie per sesso o etnia, tanto più se per soggetti svantaggiati. Unica eccezione sono le scuole private e religiose. La categoria “Rom” non è ammessa statisticamente, ovvero non è neppure indicata nell'identificazione amministrativa, bensì solo la nazionalità di provenienza.
4. Nella contingenza storico-politica, vede Bologna, unica città in Italia, promuovere una mobilitazione molto ampia dell'opinione pubblica contro il finanziamento pubblico delle scuole private e religiose, proprio per rivendicare la funzione pubblica e di integrazione della scuola (Referendum maggio 2013). Anche il principio di sussidiarietà viene contestato.
5. La congiuntura economica e i tagli alle spese delle amministratori locali, sono per nulla indicati agli investimenti su nuovi progetti. Mentre la copertura finanziaria di Roma T&T si è dimostrata sotto stimata (almeno ai prezzi bolognesi e considerata la voce trasporti non prevista) e per un periodo non sufficiente a rendere sostenibile il progetto.


In questo quadro, assolutamente ostile alla buona riuscita del progetto, abbiamo scelto fin dall'avvio esecutivo, di concentrarci su quel 10 % presunto di bambini Rom e in particolare verso quelli residenti nella parte Ovest della città.


Le soluzioni praticate: con un processo di consenso da parte di P1 abbiamo riadattato i termini del modello del piloting, costruendo non tanto una scuola, quanto uno spazio giochi per bambini molto aperto – sebbene indicato per fascia 3-7 anni - capace di attirare l'utenza delle famiglie del vicinato e soprattutto quelle straniere in generale. Un lavoro parallelo di facilitazione sia dell'alfabetizzazione (anche verso i genitori) sia di accesso ai servizi e aiuto a svolgere i doveri amministrativi delle famiglie straniere, ha effettivamente reso attrattiva l'offerta prescolare di Roma T&T (si veda i dati delle frequenze/partecipanti).


La mediatrice insegna elementi base di italiano A1 a madre e figlia.


E questo è stato un risultato, perché ha dato un'esperienza, un “odore” dei servizi educativi e scolastici locali, alle famiglie Rom più diffidenti e/o marginali, se non addirittura clandestine (spesso si è trattato di nuclei famigliari appena arrivati in città), o nuclei famigliari prima contrari (o impossibilitati) a mandare a scuola i figli della fascia materna. L'altra strada praticata per attirare il nostro target ci ha portato a lavorare molto sulla “accessibilità” del servizio. In pratica abbiamo rinvestito in un progetto di centro giochi (quasi) a tempo pieno, gratuito, libero da vincoli di presenza, che rendeva facoltativa ma possibile anche la presenza dei genitori. Il risultato è stato di creare un luogo “friendly” per le mamme Rom, non identificato con l'etnia, ma semmai con la migrazione, dove sostenere informalmente la loro richiesta di integrazione, a partire dall'alfabetizzazione.


Outcomes

Per noi il risultato più importante è stato aver condiviso con forse più di 200 persone un'esperienza educativa multiculturale. Abbiamo dato un impronta ad un giardino pubblico, rendendolo un luogo dove bambini e ragazze rom, se vogliono sono riconoscibili e questo non farà scattare la discriminazione.


Dimenticano che gli altri sono tutti uguali, tutti “gagé” soffermandosi a notare che in quel giardino non c'è un individuo uguale all'altro. Succede in quel giardino, che nessuno si stupisce troppo a sentire la lingua italiana parlata in modo strano e magari mescolata a parole incomprensibili. Praticamente è un giardino molto frequentato da immigrati, anche se non mancano i bolognesi nativi, spesso partner o nonni o zii di bambini stranieri.


Tutti sanno che nella casa vicina al parco c'è una ludoteca aperta, dove si può andare a giocare come nel giardino, gratuitamente. Ci vanno anche i Rom, e si fanno molte feste con i connazionali di origine romena o balcanica. Abbiamo creato una ludoteca dove i bambini neri e cinesi forse pensano di essere i più strani, ma non ci stanno tanto a pensare, perché la maestra è una mamma come la tua, parla la sua stessa lingua almeno. Inoltre Kosmocasa ha funzionato come una sorta di “simulatore” dei servizi pubblici educativi. Ha fatto per meglio dire, immaginare e provare ai bambini Rom per primi, ma anche alle loro mamme, famiglie allargate, come a tutti i bimbi stranieri, di cui molti appena arrivati in città, cosa sia una classe multiculturale che usa come lingua franca l'italiano. Qualcosa di diverso assolutamente dall'esperienza delle istituzioni che hanno vissuto nel loro paese.


Organizzazione

 

Il primo atto importante è stato quello di trasformare una scuola in un centro sociale e di gioco per tutte le famiglie del vicinato. Il giardino pubblico, fuori da ogni contesto istituzionale, con i suoi orari,controlli e dispositive, ci è sembrato un modello più che una semplice metafora. Nel nostro caso l'operazione era facile perché i nostri spazi confinano con un vero giardino pubblico.

Kosmocasa gestisce un giardino pubblico, dove vanno le famiglie del vicinato.

Per fare questo è stato necessario estendere l'orario delle attività il più possibile: oltre le mattine anche 3 pomeriggi a settimane e diverse feste nei weekend. In questo senso abbiamo voluto dare al Piloting Italiano il nome di Kindergarden Kosmocasa.
Il secondo passaggio importante, è aver organizzato attività dirette ai bambini, ma sempre facendo attenzione a coinvolgere madri e genitori. Ad esempio con le mamme abbiamo più volte organizzato mercatini/scambio di vestiti usati per bimbi.


Insomma abbiamo lavorato molto sul contesto, sul luogo, rendendolo attrattivo. Tanto che spesso al mercoledì pomeriggio, quando a Kosmocasa non sono previste attività, capita che alcuni bambini con i genitori, arrivano. Trovano la sala giochi chiusa e quindi prendono le chiavi dall'Associazione Amiss, e gestiscono in totale autonomia lo spazio, poi si aggiungono altri bambini e alla fine le stesse mamme mettono a posto i giochi e chiudono la sala.


Quando il luogo è libero, multiculturale e ricco di attività per bambini, allora il contesto è pronto per integrare bambini e famiglie Rom.


Premessa:


A partire da quanto già scritto nei precedenti due reports, vogliamo nelle pagine seguenti lasciare traccia di quello che è stata l'organizzazione e il monitoraggio del progetto sperimentale in Italia (WP5_Piloting). Vedremo subito nel dettaglio la descrizione delle attività nelle ultime 5 settimane. Infatti solo nell'ultimo periodo abbiamo provato, i primi sentimenti di routine. E il modello di educazione interculturale ha iniziato a mostrarsi come un qualcosa di comune a tutti i partecipanti, bambini o genitori, se non ancora veramente in forma chiara, perlomeno raccontabile. In primo luogo, un gruppo dei bambini Rom, ha iniziato a frequentare con regolarità. Insomma alla fine del percorso abbiamo iniziato a vedere quello che cercavamo faticosamente nei mesi scorsi. Kosmocasa ha funzionato come una sorta di “simulatore” dei servizi pubblici educativi. Ha fatto per meglio dire, immaginare e provare ai bambini Rom per primi, ma anche alle loro mamme, famiglie allargate, come a tutti i bimbi stranieri, di cui molti appena arrivati in città, cosa sia una classe multiculturale che usa come lingua franca l'italiano.

 

Qualcosa di diverso assolutamente dall'esperienza delle istituzioni che hanno vissuto nel loro paese. Abbiamo potuto iniziare un lavoro individuale di apprendimento, con diverse lingue, che in una scuola di “diversità” non può mancare.

The Interculturales Educators Journal
Teachers’ reporting dal 20 febbraio al 30 marzo
Abbiamo seguito lo schema generale messo a punto nei mesi scorsi:
Il nostro LESSON_PLAN standard:
h.09:00_ accoglienza e gioco libero
h.09:40_ racconto/recitazione
h.10:30_merenda
h.11.00_intervento didattico (individuale/collettivo)
h.12:15 gioco guidato
h.12:45 saluti


Abbiamo beneficiato di un prezioso aiuto da parte di molte volontarie dell'Associazione di mediatrici Amiss, che hanno arricchito l'offerta didattica con le loro storie, canzoni, giochi e primi elementi di alfabetizzazione (Besa in albanese, Mina in Arabo, Fang in cinese).


Questo contributo (misurabile in circa 10 ore settimanali) ha permesso alle 2 insegnati (italiana e rom) di fare un lavoro individuale e mirato a singoli casi o famiglie, ovvero verso le madri principalmente. Questo supporto individuale, è spesso consistito in orientamento e facilitazione per accedere ai servizi pubblici. Insomma l'attività educativa si è sempre più mescolata con quella sociale, fino ad esempio ad accompagnare una decina tra bambini e genitori ai centri sanitari. In tal senso, una delle esperienze più interessanti è stata riassunta da Marta Leonessi con il suo report della famiglia Kamberi.
L'inserimento di “maestre nuove” dentro il kinderkarden – prima attive solo al pomeriggio – è stata un'intuizione felice, anche perché ha motivato molto le famiglie e i bambini delle rispettive culture: dalla mattina che la mediatrice kosovara ha raccontato una storia della sua terra, e cantato canzoni che anche cinque bambini rom sapevano, ecco che dal giorno dopo tutti quelli provenienti dai Balcani si sono affezionati a Kosmocasa. Il bambino marocchino un po' timido i primi giorni, pur capendo bene la lingua italiana, si apre appena sente la maestra parlare come sua madre.
Ma se effettivamente una vera attività di alfabetizzazione in lingua straniera non c'è stata per l'arabo e l'albanese – nel senso che le mediatrici non hanno strutturato un vero corso, quanto mescolato, tradotto e interpolato contenuti dalla loro cultura all'interno dell'attività ordinaria – col cinese abbiamo invece costruito delle lezioni. Ad esempio si sono letti dei racconti in lingua albanese e poi chiesto ai bambini Rom che erano gli unici a comprendere quella lingua, di raccontare e fare gli interpreti riproponendo in italiano il racconto. I bambini della lingua e della cultura coinvolta hanno gradito la lettura dell'originale e altri hanno dimostrato attenzione e misurato la difficoltà di tradurre e raccontare la loro interpretazione in italiano. Tutti insieme hanno dovuto collaborare alla costruzione di un senso della storia, assicurandosi che gli altri bimbi capissero.

 

 

Marta, Andrea hanno abbozzato una serie di brevi interventi (100 minuti) con Fang Ting Cheng, detta Lisa, dove dal disegno e il linguaggio iconico (es. stradale), i bambini hanno scoperto gli ideogrammi cinesi. Abbiamo poi usato i pochi ideogrammi appresi, facendoli funzionare all'interno di giochi ed animazione tra gruppi di bambini posti a distanza l'uno dell'altro. Si è voluto infatti dare un esempio della funzione “trasmissiva” della scrittura. Le lezioni sono finite inevitabilmente (visto la presenza di bimbi già scolarizzati) con un confronto col sistema alfabetico latino (direzione, caratteri, fonemi, parola), quindi funzionando come primi passi di alfabetizzazione. Tuttavia ci siamo sempre più convinti – visto l'entusiasmo e lo slancio dei bambini a disegnare ideogrammi – che far scoprire la scrittura attraverso qualcosa che il bambino conoscono bene (il disegno), creando appunto questo contatto, molta della differenza e frustrazione verso quel sistema astratto che è l'alfabeto, si attenua.

 

 

Pedagogical report:


Come nei mesi scorsi abbiamo proseguito con un modulo orario che prevede dieci lezioni della durata di quattro ore ognuna suddivise in due gruppi da cinque da svolgere dal lunedì al venerdì e poi riproporre per tutto il percorso educativo variando in crescendo il livelli di apprendimento in base allo sviluppo delle competenze dei singoli e del gruppo. Le attività vengono riproposte nello stesso ordine cronologico e con lo stesso stile narrativo a cui poi segue un’attività creativa che di volta in volta viene variata aumentando il livello di competenze necessarie per il raggiungimento dell’obbiettivo prefissato dalle operatrici. La ripetitività è necessarie per dare continuità e ritualità al percorso educativo e per poter attraverso la ripetizione raggiungere diversi obbiettivi pedagogici contemporaneamente :

 

-il primo obbiettivo è l’apprendimento delle nozioni e dei concetti proposti aumentando le competenze dei bimbi e delle bimbe ad ogni ripetizione attraverso la memorizzazione degli schemi di rappresentazione e di linguaggio verbale e scritto creando familiarità con la lingua usata.
-il secondo obbiettivo è osservare e comprendere le dinamiche di relazione che si creano all’interno del gruppo per sostenere e rafforzare i singoli a sviluppare relazioni sane e piacevoli tra di loro e con le operatrici e le mediatrici coinvolte nel progetto in modo da agevolare l’inserimento futuro dei bimbi e delle bimbe all’interno di un ambiente scolastico regolato da precise regole di convivenza comune.

-Il terzo obbiettivo è testare la capacità di apprendimento dei singoli bimbi e bimbe e verificare l’aumento delle loro competenze o le difficoltà che si presentano durante il percorso educativo per affrontarle e risolverle attraverso il lavoro di gruppo o scegliendo percorsi di sostegno individuali o familiari.
-il quarto obbiettivo è la crescita interculturale e multi linguistica delle operatrici e delle mediatrici coinvolte nel progetto che attraverso il lavoro svolto con i bimbi e le bimbe e la relazione che si instaura con le famiglie migliorano e completano la propria esperienza personale e curriculare nel campo dell’intercultura e della educazione alla mondialità.
-il quinto obbiettivo è creare una banca dati e una storia e una bibliografia del progetto che sia comunicabile e riproducibile e possa essere nel tempo inserita nei percorsi istituzionali di accoglienza e integrazione dei bimbi e delle bimbe di altre lingue e culture all’interno della scuola italiana.

 

 

A case studies: the Kamberi Family

 

 

Con questo caso si vuole approfondire e dare concretezza al lavoro vero e proprio di “mediazione” che abbiamo svolto nel kindergarden.

Il nucleo familiare Kamberi in oggetto è così composto:
- Kamberi Sebastijan, padre, nato a Mitrovica (Yug) il 15/01/1978
- Kamberi Merita, madre, nata a Mitrovica (Yug) il 03/09/1976
- Kamberi Almedina nata in Kossovo il 17/10/1995
- Kamberi Almir nato in Kossovo il 28/07/2002
- Kamberi Orhan nato in Kossovo il 1/02/2006
- Kamberi Fatima nata in Kossovo il 21/06/2008


Il nucleo familiare in oggetto arriva per la prima volta in Italia nel 2010, precisamente a Firenze, dove vive stabilmente un fratello del signor Sebastijan (il quale soffre di epilessia e disturbi psichici per traumi subiti durante la guerra) che per circa un anno e mezzo dà ospitalità all’intero nucleo.


Dopo tale lungo periodo, gravando sulle spese familiari, il nucleo viene allontanato dai parenti e parte alla volta di Bruxelles. Arrivato in Belgio, però, viene rimandato in Italia a causa della richiesta di protezione internazionale presentata a Firenze (Regolamento Dublino II).

 

Nel dicembre 2012 dunque, la famiglia rientra in Italia e arriva a Bologna, dove in data 15 gennaio 2013 viene accolta presso la struttura di Villa Aldini su invio della Prefettura.

 

Il data 18 gennaio 2013 il nucleo ritira presso la Questura di Firenze, su invito della stessa, i permessi di soggiorno per protezione sussidiaria (validi fino all’11/07/2014).

 

Secondo l'assistente sociale Dott.ssa Pamela Lemme (vedi file: signed_nucleo_Kamberi) la famiglia Kamberi sin dall'arrivo a Bologna, ha mostrato evidenti difficoltà sia sul piano delle autonomie a tutti i livelli (non sono mai stati residenti, mai stati seguiti da un servizio sanitario, i minori non sono mai stati iscritti a scuola) sia sul piano comunicativo (dopo un anno e mezzo trascorso in Italia, faticano a parlare la lingua italiana).

 

A gennaio tutta la famiglia inizia a frequentare regolarmente il nostro Kindergarden Kosmocasa. Da quel momento grazie all'intervento della mediatrice Besa Rama e dell'educatrice Marta Leonessi inizia un percorso che porterà uno a uno i membri della famiglia, a compiere i passi essenziali dell'integrazione (Questura, scuola, sanità). In pratica ci siamo collegati ai servizi sociali, abbiamo risolto l'ostacolo linguistico (nel caso l'albanese), abbiamo inserito tutti i minori in un percorso istituzionale scolastico e di formazione, orientando ognuno verso le scelte opportune, accompagnando ai test di ingresso e preparando i bambini alla futura esperienza. Infatti, le scuole hanno rimandato a settembre l'ingresso dei bambini, vista già la fase avanzata dell'anno scolastico, ma abbiamo attivato procedure certe.